(massima n. 2)
L'art. 9, C.P.A. ha un duplice contenuto precettivo: per un verso, esclude che il giudice d'impugnazione possa rilevare il difetto di giurisdizione se nessuna parte l'abbia eccepito; per altro verso, pone in capo alle parti l'onere di far valere il difetto di giurisdizione mediante la proposizione di uno specifico motivo di gravame. Il primo di tali precetti opera sui processi in corso, immediatamente, secondo la regola propria delle norme processuali; il secondo precetto, involgendo attivitā processuale delle parti, soggiace alla regola "tempus regit actum". Da ciō consegue, che deve escludersi che il giudice possa dichiarare inammissibile un'eccezione che, rispetto alla normativa in vigore al momento della sua proposizione, risulta senz'altro ritualmente proposta, risultando pacifico che, prima dell'entrata in vigore del Codice, l'eccezione di difetto di giurisdizione poteva essere riproposta in appello anche con semplice memoria (nella specie č si č affermato che per gli appelli in corso alla data di entrata in vigore del codice, la regola dell'art. 9 C.P.A., non esclude che il motivo concernente il difetto di giurisdizione, giā sollevato in primo grado, possa introdursi con memoria successiva alla proposizione dell'appello, senza che possa farsi questione di giudicato interno).