(massima n. 2)
Nel caso di presentazione di dichiarazione di inizio di attività l'inutile decorso del termine di trenta giorni, assegnato dall'art. 23 t.u. 6 giugno 2001 n. 380 all'autorità comunale per l'adozione del provvedimento di inibizione ad effettuare il previsto intervento edificatorio, non comporta che l'attività del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e quindi andare esente dalle sanzioni previste dall'ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, ben potendo il titolo abilitativo formatosi per effetto dell'inerzia dell'amministrazione formare oggetto, alle condizioni previste in via generale dell'ordinamento, di interventi di annullamento d'ufficio o revoca da parte dell'amministrazione stessa; segue da ciò che, anche dopo il decorso del termine di trenta giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatoti, né nei senso di poteri espressione dell'esercizio di una attività di secondo grado estrinsecantesi nell'annullamento d'ufficio e nella revoca, ma con il limite, per l'ipotesi in cui la legittimità dell'opera edilizia dipenda da valutazioni discrezionali e di merito tecnico che possono mutare nel tempo, che detto potere, esercitatale con riferimento ad una DIA anche quando sia ormai decorso il termine di decadenza per l'esercizio dei poteri inibitori ex art. 23, 6° comma cit., t.u. n. 380 del 2001, deve essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa.