(massima n. 2)
Integrano il delitto di illecita influenza sull'assemblea le operazioni aventi l'effetto di creare una situazione artificiosa o fraudolenta funzionalmente strumentale al conseguimento di risultati che, costituendo violazioni di previsioni legali o statutarie, siano connotate dal crisma della illiceità e, di riflesso, si presentino come il frutto di indebite interferenze sulla regolare formazione delle delibere assembleari. Ne deriva che ai fini della illiceità di un atto di donazione, non è sufficiente limitarsi a valutare se sia prospettata una realtà giuridica diversa da quella effettiva ma è necessario - alla stregua di quanto richiesto dall'art. 2636 cod. civ. che considera rilevanti non solo gli atti simulati ma anche quelli fraudolenti, in via alternativa e non necessariamente cumulativa - verificarne anche la finalità perseguita, a prescindere dal significato strettamente economico della disposizione patrimoniale. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha affermato, in conferma della sentenza di primo grado, la responsabilità, ex art. 2636 cod. civ., nei confronti dell'amministratore ed azionista di controllo di una spa che aveva, nelle more della convocazione dell'assemblea richiesta dagli azionisti di minoranza per deliberare su un'eventuale azione di responsabilità a carico degli amministratori - disposto di buona parte delle proprie quote donandole alla moglie ed a una delle figlie, aggirando così l'esclusione dal voto dei soci amministratori e consentendo a queste ultime di votare sulla proposta azione di responsabilità).