(massima n. 1)
In tema di violenza morale, quale vizio del consenso invalidante, i requisiti previsti dall'art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, ed anche ad opera od iniziativa di un terzo. Requisito indefettibile č, tuttavia, che la minaccia sia stata specificamente diretta al fine di estorcere il consenso per il negozio del quale si deduce l'annullabilitā e risulti di tale natura da incidere, con efficienza causale concreta, sulla libertā di volizione del soggetto passivo. Conseguentemente, non č di per sé sola riconducibile al timore prodotto da violenza altrui la rappresentazione interna di un pericolo di danno, anche se non conseguente ad un processo psicologico puramente interno e connessa, invece, a circostanze esterne, eventualmente riconducibili all'attivitā di terzi, che possono incidere sulla libertā di autodeterminazione. (Alla stregua del principio enunciato in massima, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la configurabilitā di una ipotesi di violenza morale in una transazione, stipulata dal titolare di una ditta nei cui confronti pendevano numerose istanze di fallimento con le compagnie presso le quali lo stesso aveva assicurato il relativo rischio, in relazione al danno subito in occasione di un incendio verificatosi nel suo magazzino, transazione della quale l'imprenditore aveva chiesto l'annullamento deducendo di essere stato costretto ad accettare l'offerta per lo stato di bisogno, noto alle predette compagnie, nel quale si era venuto a trovare a causa delle ricordate istanze di fallimento).