(massima n. 1)
La sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura pertanto, tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall'interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella «individualizzazione» della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato. In applicazione di tale principio deve escludersi che possa assumere rilevanza giuridica la mera opportunità di riservare il beneficio per eventuali ulteriori condanne, perché trattasi di valutazione di opportunità del tutto soggettiva e per giunta eventuale, e comunque in contraddizione con la prognosi di non reintegrazione criminale, e quindi di ravvedimento, imposta dall'art. 164, comma primo, c.p. per la concessione del beneficio medesimo.