(massima n. 1)
Il reato di violazione di sigilli, di cui all'art. 349 c.p., sussiste non solo se e quando i sigilli risultino in concreto manomessi, ma anche quando, pur essendo lasciati intatti, vengono posti in essere atti equivalenti a violazione dei divieti che essi stanno a simboleggiare. (Nella specie la S.C. ha osservato che i sigilli al complesso meccanico denominato «riunito», che comprende la sedia per il paziente e gli strumenti elettrici per le cure odontoiatriche, erano stati apposti anche allo scopo di evitare che il reato di esercizio abusivo della professione medica fosse dall'imputato portato ad ulteriori conseguenze e l'avere egli continuato ad utilizzarlo, ripristinarlo o facendo ripristinare il relativo collegamento elettrico a mezzo di fili volanti, integra gli estremi del delitto di cui all'art. 349 c.p.; né può essere ravvisata nel fatto l'ipotesi di errore materiale di cui all'art. 47 c.p., poiché il collegamento elettrico dei detti strumenti, realizzato con fili volanti, eludeva chiaramente il divieto che con il sequestro era stato imposto e la condotta dell'imputato non fu in ciò sicuramente fuorviata da alcun errore materiale sul fatto).