(massima n. 1)
Le modifiche apportate dalla legge 8 agosto 1995 n. 335 all'art. 292 c.p.p., che hanno ampliato l'obbligo di motivazione delle ordinanze cautelari ed esteso la rilevabilità d'ufficio dei relativi vizi, non hanno inciso sulle modalità — disciplinate dall'art. 606, lett. e) c.p.p. — in cui l'accertamento delle nullità predette, comunque rilevabili, deve essere compiuto, e cioè sulla base dell'esame di quanto risulta dal testo del provvedimento impugnato; vero è, infatti, che l'art. 606, lett. c), c.p.p. non esclude la consultabilità degli atti del procedimento al fine di accertare l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ma l'ambito applicativo di tale disposizione è limitato — dalla norma successiva di cui alla lett. e) dello stesso articolo — ai soli vizi diversi dal difetto di motivazione, come si desume anche dall'art. 569, terzo comma, c.p.p. il quale, intendendo escludere la possibilità di dedurre con ricorso immediato per cassazione il vizio della motivazione, indica a tal fine solo le lettere d) ed e) dell'art. 606 c.p.p., così implicitamente confermando che nessun vizio motivazionale può essere ricondotto alla disciplina dell'art. 606, lett. c) c.p.p. (Alla stregua di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale l'indagato sosteneva che il giudice di legittimità, ai fini del controllo sulla motivazione dell'ordinanza cautelare, avrebbe dovuto esaminare la documentazione prodotta dalla difesa in sede di riesame).