(massima n. 1)
Qualora nei confronti di un soggetto vengano emesse in momenti diversi due ordinanze di custodia cautelare in carcere, l'una per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso consumato fino a una determinata data e l'altra per il medesimo delitto consumato anche successivamente, non può trovare applicazione il disposto dell'art. 297, comma terzo, c.p.p., perché, nonostante l'identità del reato, i fatti di cui alla seconda ordinanza sono posteriori agli altri e sono da qualificarsi autonomi e prosecutivi dell'attività delittuosa tipica dell'associazione mafiosa, e non già come elementi qualificativi o circostanziali del delitto precedentemente contestato. Il delitto ex art. 416 bis c.p., infatti, proprio per la sua natura permanente, può continuare a consumarsi anche dopo l'emissione di una misura cautelare, essendo legato non solo a condotte tipiche ma anche soltanto alla mancata cessazione dell'affectio societatis scelerum fino ad un atto di desistenza volontaria o legale, come la sentenza di condanna anche non definitiva.