(massima n. 1)
Allorché la pronuncia del giudice di legittimità sia inficiata da una svista materiale, incidente direttamente sul giudizio, non ci si trova in presenza di un errore materiale e non è di conseguenza ammissibile il ricorso alla relativa procedura di correzione (art. 130 c.p.p.), perché in tal modo si farebbe luogo a una non consentita modifica essenziale — o addirittura alla sostituzione — della decisione così assunta; simili evenienze, eliminabili nei giudizi di merito attraverso i mezzi di gravame, non lo sono quando si verifichino nei giudizi di legittimità, avverso i quali l'ordinamento non prevede che possano esperirsi impugnazioni di sorta. (Nell'affermare il suddetto principio la Corte ha dichiarato inammissibile l'istanza con cui si chiedeva la correzione dell'errore inficiante una sentenza del giudice di legittimità che, sulla base di un non compiuto esame delle risultanze documentali, aveva erroneamente ritenuto depositato in maniera irrituale, e di conseguenza dichiarato inammissibile, un ricorso per cassazione presentato dall'istante nell'ambito di un procedimento di prevenzione).