(massima n. 1)
Allorché la sospensione condizionale della pena non sia stata richiesta dall'imputato, il suo appello inteso ad ottenere la revoca del beneficio non può trovare in mancanza di impugnazione del pubblico ministero, illimitato accoglimento, ancorché sussista un suo apprezzabile interesse in tal senso. La valutazione di siffatto interesse e dell'eventuale esigenza che lo paralizzi è demandata al giudice di merito investito della questione, che, nell'esercizio del suo potere discrezionale, deve dare ragione della decisione che adotta al riguardo. In particolare, detto giudice è tenuto a bilanciare l'interesse contrario dell'imputato che ritiene di ricevere non un vantaggio, ma un danno dal beneficio concessogli, con quello, per nulla secondario, di sottrarlo all'ambiente carcerario. Per altro verso, è innegabile l'esistenza di un potere discrezionale del giudice di concedere, in linea generale, d'ufficio la sospensione condizionale della pena, sia in primo grado, sia in grado di appello. (Nella specie, la Suprema Corte, sul rilievo che si verteva in tema di procedura di applicazione della pena su richiesta delle parti, nella quale il beneficio non era stato richiesto, ha ritenuto illegittima la concessione della sospensione condizionale della pena avvenuta d'ufficio e pertanto viziata di ultrapetizione in un procedimento affidato all'esclusiva disponibilità delle parti).