(massima n. 1)
Il principio accolto nel vigore del codice abrogato in tema di condizioni di validità delle prove acquisite all'estero, importava che, in applicazione degli artt. 27 e 31 delle preleggi, le rogatorie svolte secondo le leggi del luogo dovevano ritenersi utilizzabili in assenza di contrasto con norme inderogabili del nostro ordinamento relative all'ordine pubblico (norme tra le quali non si ritenevano rientrare quelle che imponevano l'assistenza del difensore). L'introduzione nel nuovo codice del principio di cui al secondo comma dell'art. 191 c.p.p., richiamato dal secondo comma del successivo art. 729, ha «integrato» le condizioni imposte per l'utilizzabilità della prova acquisita all'estero, ma non ha determinato un trasferimento di tutta la normativa procedurale italiana nell'espletamento da parte dell'autorità giudiziaria straniera degli atti richiesti dal giudice italiano. Coordinando, dunque, fra loro il principio locus regit actum e quelli fondamentali del vigente ordinamento processuale, devono ritenersi utilizzabili le prove assunte all'estero allorché, nel rispetto delle norme del luogo, l'assistenza dell'imputato sia stata assicurata da difensore ivi abilitato, poiché in tal modo è comunque assicurata la difesa tecnica. Analogamente deve ritenersi utilizzabile la prova espletata mediante l'esame dei testi condotto direttamente dal giudice, anziché dalle parti, atteso che il nuovo processo penale non realizza integralmente il processo di parti ma conserva, ove esigenze di giustizia lo richiedano, un ruolo del giudice nella raccolta delle prove.