(massima n. 1)
L'irrevocabilità e la conseguente esecutività della sentenza penale di condanna, ai sensi del combinato disposto degli artt. 648 e 650 c.p.p., debbono necessariamente riguardare il capo d'imputazione nella sua interezza, nulla rilevando in contrario la possibilità di formazione di un giudicato parziale prevista, nel caso di annullamento con rinvio, dall'art. 624 comma primo c.p.p., giacché, in tale ultima ipotesi, si tratta di una irrevocabilità connessa allo sviluppo del rapporto processuale e limitata ad una o più statuizioni aventi un'autonomia giuridico-concettuale anche nell'ambito di un singolo capo d'imputazione, senza che però ciò incida sulla concreta realizzabilità della pretesa punitiva dello Stato, richiedendo questa pur sempre la formazione di un giudicato di condanna che non può dirsi realizzato finché il soggetto rivesta comunque la qualifica di imputato. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che potesse darsi esecuzione, sia pur limitatamente alla parte di pena che sarebbe residuata in caso di applicazione nella massima possibile estensione delle attenuanti generiche, ad una sentenza di condanna che era stata annullata con rinvio unicamente sul punto attinente la concedibilità o meno di dette attenuanti).