(massima n. 1)
In tema di azione revocatoria ordinaria, esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell'art. 66 legge fall., e nella specie avente ad oggetto la vendita di un immobile da parte del fallito, la prova, invocata dall'acquirente e relativa alla simulazione del prezzo, non può fondarsi su scrittura privata, asseritamente redatta tra le parti originarie del contratto ed autenticata da un funzionario di fatto o apparente, nella specie un impiegato pubblico comunale già in pensione all'epoca indicata come data dell'atto. L'esigenza di tutela del legittimo affidamento del privato che in buona fede abbia avuto rapporti con il predetto funzionario, in realtà privo del potere esercitato in nome e per conto dell'ente pubblico, permette, infatti, la salvezza in via eccezionale degli atti da questi computi solo allorchè l'investitura del funzionario si sia palesata "ex post" irregolare od inefficace e, in ogni caso, unicamente con riguardo agli effetti favorevoli dell'attività posta in essere che il privato invochi a proprio vantaggio nei confronti della P.A. stessa; ne consegue che, operando l'attività di autenticazione delle firme apposte su scritture private su di un piano totalmente diverso e non derivando da essa alcun effetto favorevole al privato sottoscrittore nei confronti della P.A., non si può prescindere dal rispetto delle forme richieste dalla scrittura, destinata ad attribuire valore di prova documentale, anche verso i terzi, dell'atto, e dunque dalla effettiva qualità di pubblico ufficiale, a ciò espressamente autorizzato, del soggetto che la compie.