(massima n. 1)
In sede di valutazione circa il carattere artigiano o meno di un'impresa, agli effetti del riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c., l'elemento c.d. qualitativo dà rilievo al lavoro nella sua comparazione col capitale allorché i valori numerici risultino a favore di quest'ultimo fattore produttivo, nel senso che il giudice di merito può assegnare la prevalenza al lavoro quando la particolare qualificazione dell'attività personale dell'imprenditore assuma un significato tale da risultare il connotato essenziale dell'impresa, ma non anche nel senso che ai fini del riconoscimento della qualifica artigiana sia indispensabile che l'impresa si caratterizzi per l'opera qualificante dell'imprenditore. Pertanto, ove difetti l'elemento costituito dalla particolare professionalità dell'imprenditore, l'impresa resta pur sempre nell'area delle imprese artigiane quando si tratti di attività organizzata prevalentemente con il lavoro proprio dell'imprenditore e dei componenti della sua famiglia, ex art. 2083 c.c., ovvero, trattandosi di impresa collettiva, quando la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale, ex art. 3 della legge n. 443 del 1985. Ne consegue che ciò che discrimina l'impresa artigiana rispetto a quella industriale è la circostanza che il risultato dell'attività, espresso come volume dei ricavi, sia imputabile per la maggior parte all'apporto personale del titolare o dei soci e non all'incidenza degli altri fattori della produzione, come il costo dei materiali impiegati e del lavoro di terzi.