(massima n. 1)
Può ritenersi formato un giudicato implicito tutte le volte in cui tra la questione risolta espressamente e quella risolta implicitamente sussista un rapporto indissolubile di dipendenza, nel senso che l'accertamento contenuto nella motivazione della sentenza cade su questioni che si presentano come la necessaria premessa o il presupposto logico e giuridico della decisione, coprendo il dedotto e il deducibile, e cioè non solo le questioni espressamente fatte valere in giudizio, ma anche tutte le altre che si caratterizzano per la loro inerenza ai fatti costitutivi delle domande o eccezioni dedotte in giudizio. Il giudicato, così inteso, comporta una limitazione del potere del giudice di conoscere ex officio di determinate questioni. Peraltro, sulla particolare questione della individuazione della norma applicabile al rapporto controverso – che è ricompresa tra i compiti officiosi del giudice – non può formarsi un giudicato autonomo rispetto a quello sul rapporto stesso, così come non può formarsi un giudicato implicito sull'accertamento incidentale della legittimità di un atto amministrativo normativo, ove sia impugnata la pronuncia di merito; né può al riguardo ipotizzarsi una preclusione dettata dalla novità della questione. Ne consegue che, in tali ipotesi, ove il giudice riconosca la illegittimità dell'atto, deve disapplicarlo in sede di impugnazione, ed applicare la normativa che ritenga vigente in suo luogo. (Nella fattispecie, in applicazione del principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito, che, investita della impugnativa di una sentenza che, in applicazione del D.M. 20 Luglio 1990, emanato dal Ministro delle finanze ai sensi dell'art. 12 del D.L. n. 90 del 1990, convertito nella legge n. 165 del 1990, aveva respinto una domanda dell'ENEL di accertamento della non debenza degli aumenti di canone per l'attraversamento di beni demaniali con elettrodotti senza infissione di pali, aveva rilevato d'ufficio l'annullamento, intervenuto prima ancora della emanazione della sentenza impugnata, ma non dedotto nell'atto di gravame, dell'atto dalla stessa applicato, sul quale si basava l'aumento dei canoni).