(massima n. 1)
Nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, le modifiche della elezione di domicilio contenuta nel ricorso devono essere compiute con una specifica dichiarazione «indirizzata» ai soggetti che, a diverso titolo, operano nel processo (controparti, giudice, cancelliere), non essendo sufficiente che l'annotazione del mutamento di domicilio risulti (come nella specie) annotata, in difetto di comprovata comunicazione alle parti, nel frontespizio della cartella del fascicolo d'ufficio, potendo tale annotazione derivare soltanto dalla relata negativa dell'ufficiale giudiziario. Ne consegue, ai fini della revocabilità delle sentenze della Corte di cassazione, che non è ravvisabile «errore di fatto» risultante dagli atti di causa nella mancata comunicazione dell'avviso di udienza alla parte regolarmente costituita, sebbene il «nuovo domicilio eletto» risulti dal «frontespizio della cartella del fascicolo d'ufficio» dove sia «stato cancellato il vecchio domicilio ed inserito il nuovo». Peraltro, l'errore di fatto legittimante la revocazione è configurabile quando sussista un contrasto fra la rappresentazione della realtà emergente dalla sentenza e quella emergente con assoluta immediatezza dagli atti e documenti processuali, laddove nel caso di specie non risulta nella sentenza impugnata una qualunque affermazione dalla quale possa desumersi una distorta percezione della realtà, e non piuttosto una valutazione – esatta o meno – di un atto processuale, quale la notificazione dell'avviso di udienza.