(massima n. 1)
Per il disposto dell'art. 12 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all'estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, tuttavia, nella parte in cui consente l'utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale, sicché in tali evenienze la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della lex loci, occorrendo, però, che il diritto straniero conosca, quantomeno, i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell'ordinamento italiano e che consistono, per la scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell'identità del sottoscrittore. (Nella specie, le S.U., sulla scorta dell'enunciato principio, hanno rigettato l'eccezione di inammissibilità del ricorso per nullità della procura, rilevando che quest'ultima era stata validamente conferita con atto redatto in conformità alla lex loci nel Regno unito, da un notaio con forme equivalenti, nella forma e nell'efficacia, a quelle previste dalla legge italiana di diritto processuale, essendo stato, in particolare, riscontrato, in funzione della verifica del rispetto del precetto della lex fori italiana, che dall'autenticazione notarile era chiaramente desumibile che la sottoscrizione dei mandanti era stata apposta alla presenza del notaio e che questi aveva accertato l'identità dei sottoscrittori, anche se poi era risultato – ma irrilevantemente ai fini della ritualità del rilascio della procura – che tale autenticazione non era stata redatta nello stesso giorno in cui era avvenuta la sottoscrizione, bensì successivamente).