(massima n. 1)
Poiché l'art. 306 c.p.c. non si applica al giudizio di cassazione, la rinuncia al ricorso non integra un atto cosiddetto «accettizio» (che richiede, cioè, l'accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali), né un atto recettizio in senso stretto, dal momento che l'art. 390, ultimo comma, ne consente – in alternativa alla notifica alle parti costituite – la semplice comunicazione agli «avvocati» delle stesse, i quali sono investiti dei compiti di difesa, ma non anche della rappresentanza in giudizio delle controparti. Ne consegue che l'atto di rinuncia comporta di per sé l'estinzione del procedimento, indipendentemente dalla notificazione o comunicazione, che sono prescritte da detta norma al solo fine di sollecitare l'adesione delle controparti medesime alla rinuncia, e di prevenire quindi alla radice la condanna alle spese del rinunciante.