(massima n. 1)
In tema di controllo sull'osservanza delle prescrizioni del codice della strada, l'attività di rilevazione degli illeciti amministrativi ha natura ufficiosa e non può essere graduata secondo le indicazioni o i desideri dell'utente della strada. Essa rientra a pieno titolo fra i cd. servizi di polizia stradale, che non possono formare oggetto di sindacato in ordine alla loro organizzazione in sede di ricorso avverso le sanzioni, e che — ai sensi dell'art. 11 c.s. — comprendono sia l'attività di prevenzione e sia quella di accertamento delle violazioni, senza che tra le stesse vi sia una funzionalizzazione assoluta e predeterminata della seconda rispetto alla prima. Infatti, spetta al Ministero dell'interno coordinare i servizi di polizia stradale da chiunque espletati (art. 11, comma 3, in riferimento all'art. 12 c.s.) e stabilire quali attività di repressione e di accertamento delle violazioni organizzare e con quali forze; e ai Comuni (e alle altre autonomie territoriali), nell'ambito delle proprie attribuzioni e con le limitazioni territoriali che la legge stabilisce (artt. 11, comma 3, e 12, comma 3, lett. b-f) in materia, di svolgere anche l'attività di prevenzione dei sinistri stradali. Pertanto, gli enti proprietari delle strade non hanno la facoltà di concedere agli organi deputati al servizio di polizia stradale (elencati nell'art. 12, comma 3), né in via generale e astratta, né in concreto, attraverso singoli provvedimenti autorizzatori, il permesso di svolgere le attività stabilite dall'art. 11 citato. (In applicazione di tali principi la Corte ha cassato con rinvio la sentenza del Giudice di pace che aveva dichiarato nulla sia l'ordinanza-ingiunzione del Prefetto che il verbale dei vigili municipali anche perché l'attività di rilevazione dell'illecito, considerata secondaria rispetto a quella primaria della prevenzione dei sinistri, non era stata preceduta da un'autorizzazione a tali controlli da parte dell'ente proprietario della strada).