(massima n. 1)
L'interpretazione dei principi di diritto fissati nella sentenza di Cassazione con rinvio, specie ove non siano stati espressamente enunciati, ma debbano essere enucleati dall'intero corpo della decisione, non può avvenire mediante estensione dei criteri ermeneutici fissati dall'art. 12 delle preleggi, atteso che i presupposti per l'applicazione di detti criteri vanno individuati nella astrattezza e generalità del comando normativo e nel riferimento a tutte le fonti del diritto di cui all'art. 1 prel., ma deve aver luogo attraverso i criteri interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. come è richiesto dalla stretta circolarità tra fatto e principio di diritto destinato a regolarlo, dalla limitazione dell'efficacia del suddetto principio alla singola controversia e dalla ridotta rilevanza del canone letterale di interpretazione nei frequenti casi in cui sia necessario procedere ad una interpretazione logico-sistematica della decisione, riferita all'intera motivazione. Ne consegue che il ricorrente il quale lamenti in sede di legittimità una errata interpretazione della sentenza di Cassazione da parte del giudice di rinvio ha l'onere di specificare i canoni ermeneutici violati in riferimento alle parti della motivazione censurate, nonché di indicare le forme in cui si è manifestata la violazione denunziata, altrimenti risolvendosi la censura nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella fatta propria dal giudice di rinvio.