(massima n. 1)
A seguito dell'entrata a regime dell'art. 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (confermativa della disciplina gią applicabile alle controversie di lavoro alla stregua della legge n. 533 del 1973), che ha abrogato il disposto dell'art. 357 c.p.c. (in base al quale l'ordinanza ex art. 348, secondo comma, c.p.c. era suscettibile di reclamo al Collegio), ogni declaratoria di improcedibilitą (o inammissibilitą) dell'appello per il suo carattere definitivo e decisorio, pur se assunta in forma di ordinanza, ha natura di sentenza, e, pertanto, deve contenere la pronunzia sulle spese, stante il suo carattere conseguenziale e accessorio rispetto alla definizione del giudizio. Ne consegue che, in mancanza di detta pronunzia, la decisione del giudice del gravame č suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 360, n. 3 c.p.c., il cui accoglimento determina il rinvio ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunziato la sentenza cassata, atteso che la condanna alle spese del giudizio a carico della parte soccombente o la compensazione (totale o parziale) di dette spese č di esclusiva competenza del giudice di merito.