(massima n. 1)
È ammissibile, sotto il profilo dell'interesse ad agire, l'azione ordinaria promossa in separato giudizio dal terzo il quale, non minacciato (indirettamente) dalla esecuzione della sentenza emessa inter alios, intenda ottenere un accertamento dal quale risulti la non conformità a diritto di tale pronuncia, ossia un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice; detta azione è invece inammissibile se proposta al fine di rimuovere la sentenza, atteso che, per un verso, per conseguire quest'ultimo obiettivo l'ordinamento appresta, a favore del terzo rimasto estraneo al giudizio nel quale tale pronuncia è stata resa, il rimedio dell'opposizione di terzo (art. 404, primo comma, c.p.c.) e, per l'altro e in generale, la rimozione di un giudicato non è possibile al di fuori dei rimedi impugnatori espressamente previsti (art. 395, n. 5, c.p.c.). (Nell'enunciare il principio di cui in massima, le Sezioni Unite hanno confermato la statuizione di ammissibilità dell'azione ordinaria, cui era pervenuto il giudice di merito, in un caso nel quale il terzo, coerede, aveva promosso domanda di retratto successorio ex art. 732 c.c. con riguardo alla quota di bene ereditario alienata ad un estraneo ma in relazione alla quale il conduttore ad uso diverso dall'abitazione, in quanto prelazionario, aveva vittoriosamente esercitato in giudizio l'azione di riscatto ai sensi dell'art. 39 della L. 27 luglio 1978, n. 392).