(massima n. 1)
Il principio, desumibile dall'ultimo comma dell'art. 330 c.p.c., della temporaneità della qualità di domiciliatario della parte, che, ai fini della notificazione dell'impugnazione, permane nel procuratore alle liti solo per il periodo di un anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, è valido soltanto in relazione allo stato di quiescenza del rapporto processuale, perdurante fino alla riattivazione dello stesso davanti al giudice dell'impugnazione. Esso, invece, non è più operante – nel senso che detta qualità di domiciliatario diventa definitiva, sicché su di essa non ha più alcuna influenza il decorso dell'anno dalla pubblicazione della sentenza – allorché il rapporto processuale sia stato riattivato mediante la notifica dell'atto di impugnazione. La suddetta definititvità si verifica sia per la parte alla quale è stato notificato l'atto di impugnazione (ciò che ha rilevanza per quegli atti che possono eventualmente essere compiuti e notificati dopo la notificazione dell'atto di impugnazione e prima della costituzione della parte alla quale tale atto è stato notificato), sia per gli altri soggetti che, già parti nel precedente grado di giudizio, devono esserlo anche in quello di impugnazione, trattandosi di causa inscindibile o di cause fra loro dipendenti. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto valida la notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile fatta al litisconsorte pretermesso presso il procuratore costituito in primo grado, ancorché fosse decorso l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata).