(massima n. 1)
Il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata integra un provvedimento di contenuto decisorio, poiché incide sui diritti soggettivi dei creditori, ai quali, dopo la pronuncia del decreto, è impedito l'inizio e la prosecuzione di azioni esecutive, con carattere definitivo. Conseguentemente, contro il decreto deve reputarsi ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 secondo comma della Cost. per violazione di legge, dovendosi intendere per tale anche la violazione della legge processuale, costituita dalla mancanza della motivazione (art. 132 c.p.c.), che si verifica sia nei casi di radicale carenza, sia nei casi in cui essa si estrinsechi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, o fra loro inconciliabili, o obbiettivamente incomprensibili, a condizione che tali deficienze emergano dal provvedimento in sé, restando, viceversa, estranea la verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione in raffronto con le risultanze probatorie. (La S.C. ha, dunque, ritenuto necessario che dalla motivazione del decreto in oggetto emergano: l'opinione della capacità dell'impresa di rimanere sul mercato in condizioni di redditività e competitività e di superare lo stato transitorio di crisi grazie alle sue potenzialità strutturali ed operative; la situazione economica dell'istante; le cause della crisi dell'impresa in atto; il programma di risanamento; la meritevolezza dell'istanza).