(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 82, terzo comma, c.p.c., le parti – salvo che nel giudizio davanti al giudice di pace, nei limiti di cui ai commi precedenti dello stesso articolo – devono stare in giudizio col ministero di un avvocato regolarmente esercente, condizione che si realizza quando il difensore è munito di procura da indicare, secondo quanto stabilito dall'art. 163 c.p.c. Ne consegue che la mancanza di procura ad litem (situazione che comprende sia l'ipotesi della procura invalida, sia l'ipotesi della mancanza di prova che una procura sia stata rilasciata) produce la nullità dell'attività processuale compiuta, da considerare tuttavia pur sempre quale attività posta in essere da una «parte» (costituita in giudizio senza il ministero del difensore). Le relative sanzioni processuali – quali la nullità o l'inammissibilità dell'impugnazione e così via – sono conseguenti alla mancanza dell'atto che assicura alla parte il necessario patrocinio del difensore tecnico e non sono certamente previste per il fatto che, fuori dalle ipotesi consentite dalla legge, sia stato fatto valere nel processo un diritto altrui in nome proprio. Del resto, è principio generale dell'ordinamento quello secondo cui non può mai assumere la qualità di parte di un atto il soggetto che agisce nella veste di rappresentante pur non avendone i poteri. Pertanto, in base agli artt. 91 e 92 c.p.c., il destinatario della pronuncia sulle spese, nell'ipotesi considerata, non può essere l'avvocato che, appunto, non assume la qualità di parte del processo.