(massima n. 1)
Secondo l'art. 14 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sulla riforma del sistema di diritto internazionale privato, l'accertamento della legge straniera dev'essere compiuto d'ufficio dal giudice e, pertanto, le norme di diritto straniero richiamate da quelle di diritto internazionale privato, vengono inserite nell'ordinamento interno e sono conseguentemente assoggettate al trattamento processuale proprio delle norme giuridiche, trovando in conseguenza piena applicazione riguardo ad esse l'art. 113 c.p.c., che attribuisce in via esclusiva al giudice il potere di individuare le norme applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio. In forza dell'art. 72, primo comma, della L. n. 218 del 1995 – che deroga alla regola generale espressa nell'art. 11 att. c.c. – il principio dell'art. 14 si applica ai giudizi iniziati successivamente all'entrata in vigore di detta legge anche con riferimento ai rapporti sorti prima di essa, con il solo limite delle situazioni che possano dirsi «esaurite», le quali restano regolate, viceversa, dalle norme di diritto internazionale previgente e si identificano o in quelle definitivamente accertate in sede giurisdizionale o in quelle che comunque abbiano già compiutamente realizzato tutti i propri effetti. Ne discende che, in un giudizio di opposizione avverso un lodo arbitrale straniero iniziato successivamente all'entrata in vigore della suddetta legge, erroneamente la corte d'appello avanti alla quale è stata proposta l'opposizione, reputa esistente l'onere della parte opponente di provare il diritto straniero in base alla cui applicazione detta parte sosteneva l'illegittimità della clausola arbitrale, poiché non ricorreva una situazione «esaurita» ed era, pertanto, applicabile l'art. 14, per essere stata l'invalidità della clausola in forza della quale il lodo era stato emesso (tra l'altro dopo l'entrata in vigore della legge, circostanza che a maggior ragione escludeva l'esaurimento della situazione) ancora deducibile con l'opposizione ex art. 840, terzo comma, c.p.c. (Nell'affermare tali principi la Suprema Corte ha comunque precisato che anche anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 14 cit. il giudice italiano doveva considerarsi vincolato alla ricerca della norma di diritto straniero applicabile).