(massima n. 1)
Dopo il novantesimo giorno di gravidanza, la gestante può esercitare il diritto all'aborto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6 e 7 comma terzo legge 22 maggio 1978 n. 194, solo in presenza di due condizioni positive e di una negativa, e cioè: a) sussista un processo patologico (fisico o psichico, anche indotto da accertate malformazioni del feto) in atto per la madre; b) sussista il pericolo (da accertare con valutazione ex ante) che tale processo patologico degeneri recando un danno grave alla salute della madre; c) non sussista possibilità di vita autonoma per il feto. Ne consegue che il medico, il quale per negligenza od imperizia ometta di avvertire la madre dell'esistenza di gravi malformazioni del feto, viola il diritto della madre all'aborto, così ponendo in essere una condotta illecita fonte di responsabilità, soltanto ove sussistano tutti e tre i requisiti sopra descritti. Ne consegue altresì che il giudice, chiamato ad accertare la responsabilità del medico, deve stabilire (con valutazione da compiersi ex ante, cioè con riferimento al momento in cui il medico omise la corretta informazione) se la conoscenza del reale stato delle cose avrebbe ingenerato nella madre un processo patologico fisico o psichico, con pericolo grave per la salute della donna.