(massima n. 1)
Nel rito del lavoro, oltre il limite temporale segnato, di norma, dal tempestivo deposito della memoria difensiva a norma dell'art. 416 c.p.c., la parte può legittimamente rilevare, ai fini della valorizzazione nel giudizio della loro efficacia giuridica, i fatti che siano anche rilevabili d'ufficio, ma non può allegare fatti nuovi, perché ammettere una simile facoltà significherebbe compromettere il sistema delle preclusioni su cui si fonda detto rito e, in particolare, la funzione delle preclusioni di affidare alla fase degli atti introduttivi del giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle relative istanze istruttorie. (Nella specie, sulla base del riportato principio, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui il ricorrente, colpito da licenziamento disciplinare, aveva censurato la mancata valorizzazione nella sentenza di merito della tardività della contestazione; infatti la Corte ha rilevato la non decisività delle circostanze che, secondo lo stesso ricorrente, sarebbero state da lui al riguardo tempestivamente dedotte).