(massima n. 1)
La cessazione della materia del contendere costituisce il riflesso processuale del venire meno della ragion d'essere della lite, per la sopravvenienza di un fatto che priva le parti di ogni interesse a proseguire il giudizio, ma di per se non da luogo ad una autonoma formula terminativa del processo civile, il quale, pur quando ne siano cessate le ragioni, deve concludersi secondo le forme e gli istituti a tale scopo previsti dal codice di rito, e cioč per cancellazione della causa dal ruolo seguita da estinzione del processo, per estinzione conseguente a rinunzia o inattivitą delle parti, o con sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere. La pronunzia della quale presuppone peraltro che le parti si diano atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conformi conclusioni in tal senso al giudice, restando escluso, che questi, senza dar luogo a decisione extrapetita, possa dichiarare cessata la materia del contendere, per avere una delle parti dato atto che successivamente all'introduzione della lite si sono verificati fatti astrattamente idonei a privarla di interesse alla prosecuzione del giudizio, quando nelle rispettive conclusioni ciascuno dei litigati abbia insistito nelle rispettive originarie richieste cosģ dimostrando il proprio interesse alla decisione della controversia. (Nella specie in giudizio possessorio lo spogliato, appellante, pur riconoscendo che la controparte dopo la sentenza di primo grado, a lei favorevole aveva rilasciato l'immobile per cui era lite, nelle conclusioni definitive si era riportato, al pari dell'appellato, agli atti introduttivi ed ai verbali di causa. La S.C., nell'annullare la sentenza di merito che aveva dichiarata cessata la materia del contendere, ha enunciato il principio di cui alla massima).