(massima n. 1)
L'art. 391 bis c.p.c. (introdotto dall'art. 67 della legge n. 353 del 1990 ed in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1993, ai sensi del primo comma dell'art. 62 della stessa legge) a norma del quale la pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto ha lo scopo di porre un ostacolo a ricorsi meramente dilatori e strumentali, diretti ad impedire il formarsi del giudicato, costituendo, quindi, norma speciale e derogatoria dell'art. 324 c.p.c., che regola autonomamente gli effetti della revocazione diretta contro la sentenza della Corte di cassazione. Ne consegue che, allorquando sia proposto un ricorso per revocazione di sentenza di rigetto della Suprema Corte, l'avvenuta formazione della cosa giudicata formale fa venire meno i presupposti per una eventuale sospensione di altro giudizio di cassazione, rispetto al quale l'altra causa (ormai non pił in corso) si asserisce essere pregiudiziale.