(massima n. 2)
Anche nel rito del lavoro, nel giudizio di rinvio è preclusa alle parti – salva l'eccezione, espressamente prevista, del giuramento – ogni possibilità di nuove prove, nonché di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attività assertive o probatorie ed anche di nuove produzioni documentali, rimanendo esclusa la possibilità di invocare in contrario i poteri officiosi del giudice del lavoro di cui all'art. 421 c.p.c., e segnatamente quelli del giudice d'appello (art. 437 c.p.c.), atteso che tali poteri riguardano il processo del lavoro limitatamente ai primi due gradi di giudizio e non si estendono anche al grado di cassazione, del quale il giudizio di rinvio costituisce uno stadio. Né in contrario può invocarsi il principio secondo cui la potestas iudicandi del giudice di rinvio nel rito del lavoro, oltre ad estrinsecarsi nella valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, può comportare anche la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione, atteso che l'applicazione di detto principio è sempre subordinato al rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse.