(massima n. 1)
Ai fini della sussistenza di un rapporto di collaborazione ai sensi dell'art. 409 n. 3 c.p.c. (cosiddetta parasubordinazione) con conseguente devoluzione della relativa controversia alla competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro, occorre che ricorrano congiuntamente i requisiti della continuità, intesa quale non occasionalità della prestazione, della coordinazione, e cioè della connessione funzionale fra le attività esercitate dalle due parti, e della personalità, ossia della prevalenza del lavoro personale del preposto rispetto all'opera svolta dei collaboratori e all'utilizzazione di una struttura di natura materiale. Ne deriva che in ipotesi di prestazione d'opera professionale (nella specie, di commercialista) nei confronti di una società, perché si abbia parasubordinazione è necessario che l'attività esercitata dal professionista risulti assoggettata alle direttive del cliente e che il rapporto di collaborazione, senza esaurirsi in episodiche prestazioni professionali, nasca da una serie di incarichi collegati con le finalità perseguite dal committente, con conseguente ingerenza di questo nelle attività del prestatore d'opera.