(massima n. 1)
L'arbitrato libero non postula necessariamente che la composizione della lite abbia natura transattiva con reciproche concessioni, atteso che l'intento delle parti può essere quello di eliminare l'incertezza in ordine alle contestazioni fra loro insorte, attribuendo agli arbitri il compito di determinare l'esistenza o l'inesistenza, il contenuto o i limiti di un determinato rapporto giuridico, mediante un negozio di accertamento riconducibile ai mandati e vincolante per i medesimi. Pertanto, nell'ipotesi in cui il mandato conferito agli arbitri liberi sia stato circoscritto dalle parti alla determinazione dei confini dei loro fondi, all'apposizione dei termini e all'accertamento delle superfici delle aree comuni e di quelle di proprietà esclusiva, si è al di fuori dello schema della transazione e non è applicabile la disposizione dell'art. 1350, n. 12, c.c. circa la necessità della forma scritta, con la conseguenza che è irrilevante il difetto di sottoscrizione del lodo da parte di uno degli arbitri, sempreché egli abbia partecipato alla redazione dell'atto.