(massima n. 1)
Le tre forme di comunicazione degli atti processuali previste dall'art. 136 c.p.c. — consistenti nella consegna al destinatario che ne rilascia ricevuta, ovvero nella spedizione per posta in piego raccomandato, ovvero ancora nella consegna per mezzo di ufficiale giudiziario — debbono ritenersi equivalenti, onde la comunicazione si considera perfezionata solo con la prova dell'effettiva consegna al destinatario, ossia, nel caso di spedizione per posta, non soltanto con la ricevuta di spedizione, bensì con la produzione dell'avviso di ricevimento, nonostante tale adempimento non sia espressamente richiesto dalla norma in esame. Poiché la comunicazione dei provvedimenti del giudice è valida anche se eseguita in modo diverso da una delle tre forme previste dall'art. 136 c.p.c., purché vi sia la certezza che in tal modo sia stato portato a conoscenza della parte il contenuto del provvedimento e risulti altresì la data di tale conoscenza, la comunicazione di un provvedimento del giudice dell'esecuzione, dal quale risulti notizia di un precedente e diverso provvedimento, costituisce una forma equivalente di comunicazione anche di tale provvedimento, con la conseguenza che quella comunicazione pone il dies a quo per la decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi anche contro il primo provvedimento. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la comunicazione del provvedimento di surroga del custode dei beni pignorati, contenente esatta menzione del provvedimento di fissazione della data di vendita del compendio pignorato, equivale a comunicazione di tale provvedimento, dalla quale decorre il termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di fissazione della vendita).