(massima n. 1)
Ai fini della pignorabilità di crediti di enti pubblici, vanno distinti i crediti che traggono origine da rapporti di diritto privato — per i quali l'azione esecutiva è sempre ammissibile — da quelli nascenti dall'esercizio di pubbliche potestà, così detti crediti pubblicistici o di natura pubblica, i quali, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche finalità, sono sottratti all'esecuzione coatta dei creditori; e tale impignorabilità afferisce non solo ai crediti derivanti da rapporti tributari diretti, cioè da rapporti nei quali la potestà pubblica viene direttamente esercitata dall'ente impositore nei confronti del soggetto passivo del tributo, ma anche ai crediti, che, pur non derivando da un rapporto tributario, hanno origine da una potestà pubblica. A norma della L. 2 luglio 1952, n. 703 è riconosciuto ai comuni un potere di natura pubblica alla percezione delle quote di partecipazione sui proventi Ige, che si esercita esigendo dallo Stato la relativa contribuzione ed il cui esercizio non cessa fino a quando l'ammontare di detta contribuzione non sia stato versato nelle casse dell'ente. Il corrispondente dovere dello Stato è connesso col potere dello stesso di determinare le fonti di entrate con le quali i comuni debbono provvedere all'espletamento delle loro funzioni. Tali crediti non possono, quindi, non essere impignorabili, importando l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata l'inammissibile sostituzione del privato all'amministrazione in un rapporto di cui il privato non può essere soggetto. Pertanto, stante l'impignorabilità assoluta del credito del comune verso lo Stato per quote Ige, consegue l'improponibilità assoluta dell'azione esecutiva, la quale comporta il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.