(massima n. 1)
L'interrogatorio formale costituisce, nella varietà delle prove orali previste dalla legge, il mezzo rivolto a provocare quella confessione giudiziale che, ai sensi dell'art. 2733 c.c., forma piena prova contro il confitente. La legge non pone limiti all'ammissibilità di questo mezzo di prova, a meno che esso non verta su contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, ma esige solo la specifica deduzione dei fatti mediante capitoli separati. In relazione poi al singolo processo nel corso del quale l'interrogatorio formale sia richiesto, il giudice istruttore, nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali, può rifiutarne l'ammissione per motivi di economia processuale anche quando esso si riveli superfluo o perché siano state già acquisite le prove sufficienti a dirimere ogni incertezza sui fatti di causa ovvero perché le circostanze che formano oggetto dell'interrogatorio siano state ammesse dalla controparte in modo esplicito. In ogni altro caso, il giudice ha il dovere di disporre tale mezzo istruttorio, né è valido motivo per escluderlo la circostanza che la parte che si vuole interrogare abbia già, in comparsa o nell'atto di citazione, categoricamente smentito quanto nell'interrogatorio stesso è dedotto, ben potendo la parte medesima, posta a diretto contatto con l'avversario e con il giudice, modificare il proprio comportamento difensivo.