(massima n. 1)
Le obbligazioni pecuniarie, le quali danno luogo al cosiddetto debito di valuta, sono soggette al principio nominalistico espresso dall'art. 1277 c.c. e continuano ad esserlo anche dopo la scadenza, per cui la prestazione si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, col pagamento della quantità di moneta cui essa è commisurata, anche se questa durante la mora abbia perduto parte del suo potere di acquisto per effetto della svalutazione, mentre la svalutazione stessa in sé non è un danno giuridico, ma un'evenienza che può aggravare il pregiudizio derivante al creditore dall'inadempimento.