(massima n. 1)
In tema di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente e con riferimento ad eventi lesivi connessi alla circolazione stradale, occorre rifuggire dalla tendenza a ricondurre nel fuoco del dolo ogni comportamento improntato a grave azzardo, quasi che la distinzione tra dolo e colpa fosse basata su un dato "quantitativo" correlato alla maggiore o minore sconsideratezza alla guida (nel senso che alla maggiore sconsideratezza corrisponderebbe un maggiore tasso di rappresentazione e volizione), dovendo invece detta distinzione basarsi essenzialmente su un accurato esame delle specificità del caso concreto, attraverso il quale pervenire al dato differenziale di fondo, ossia l'attribuibilità o meno al soggetto attivo di un atteggiamento di volizione dell'evento lesivo o mortale, inteso (tale atteggiamento) in senso ampio, ossia comprensivo dell'accettazione consapevole della concreta eventualità del verificarsi di quell'evento in conseguenza della condotta posta in essere. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha escluso che potesse sanzionarsi a titolo di dolo eventuale anziché di colpa cosciente la condotta di un soggetto che, avendo imboccato contromano e ad alta velocità, in ora notturna, una strada buia, così esponendosi a gravi pericoli anche per la propria incolumità, aveva investito un pedone, cagionandone la morte).