(massima n. 1)
In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, l’esercente risponde dei danni derivanti dal suo svolgimento, a nulla valendo che il danneggiato sia un terzo piuttosto che un proprio incaricato e che i mezzi o le opere fonte di danno siano di proprietà di terzi; per vincere la presunzione di colpa, posta a suo carico dall’art. 2050 c.c., non rileva, altresì, la semplice prova dell’imprevedibilità del danno, dovendosi, invece, dimostrare che esso non si sarebbe potuto evitare mediante l’adozione delle misure di prevenzione che le leggi dell’arte o la comune diligenza imponevano.