(massima n. 1)
Nella procedura di concordato preventivo, come in quella di amministrazione controllata, il deposito della somma ritenuta necessaria per l'intera procedura costituisce presupposto indefettibile per l'ulteriore sviluppo della procedura stessa, che non potrebbe in alcun modo proseguire ove il debitore non eseguisse l'adempimento nella cadenza temporale fissata; gli effetti del mancato deposito, tuttavia, sono differenti a seconda che si verta in ipotesi di concordato preventivo o di amministrazione controllata, giacché, nel primo caso, sussiste uno stato di insolvenza che è presupposto per la dichiarazione di fallimento, rispetto alla quale il concordato si pone come procedura alternativa e facoltativa, onde l'impossibilità di prosecuzione di detta procedura per mancato deposito comporta necessariamente l'apertura d'ufficio del fallimento, mentre, nel secondo caso, sussiste solo una condizione di temporanea difficoltà nell'adempimento delle obbligazioni, condizione diversa dallo stato di insolvenza, onde l'impossibilità di prosecuzione della procedura per mancato deposito non può comportare automaticamente l'apertura del fallimento, essendo necessaria una autonoma e specifica verifica della sussistenza dei presupposti per la relativa dichiarazione, come risulta evidente dalla lettura dell'art. 192 l. fall., secondo il quale se l'amministrazione controllata non può essere utilmente continuata, il giudice delegato “promuove” la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale, salva la facoltà dell'imprenditore di proporre il concordato preventivo, mentre, in caso di mancato deposito nel concordato preventivo, l'art. 163 l. fall. prevede che il tribunale provveda d'ufficio alla dichiarazione di fallimento.