(massima n. 1)
In tema di valutazione della chiamata in reitą o correitą in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273, comma primo, cod. proc. pen. - in virtł dell'esplicito richiamo all'art. 192, commi terzo e quarto, operato dall'art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 11 L. n. 63 del 2001 - soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioč da attribuire capacitą dimostrativa e persuasivitą probatoria in ordine all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversitą dell'oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilitą di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l'ordinanza del tribunale del riesame di annullamento della misura cautelare applicata all'indagato per rapina, sequestro di persona e furto, in quanto fondata su una chiamata in correitą del cugino - gią raggiunto da titolo custodiale per gli stessi fatti - non collimante con la circostanza che la scheda telefonica, utilizzata per mantenere i contatti tra il cugino ed il complice e localizzata in luoghi ed orari compatibili con i commessi reati, non era stata rinvenuta nell'abitazione dell'indagato e solo sporadicamete aveva agganciato la relativa cella).