(massima n. 1)
In tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, il sopravvenuto stato detentivo del soggetto non determina la necessaria ed automatica cessazione della sua partecipazione al sodalizio, atteso che la relativa struttura - caratterizzata da complessitą, forti legami tra gli aderenti e notevole spessore dei progetti delinquenziali a lungo termine - accetta il rischio di periodi di detenzione degli aderenti, soprattutto in ruoli apicali, alla stregua di eventualitą che, da un lato, attraverso contatti possibili anche in pendenza di detenzione, non ne impediscono totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attivitą e, dall'altro, non ne fanno venir meno la disponibilitą a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione con cui il tribunale del riesame aveva reputato sussistere la permanenza del vincolo associativo in capo all'indagato - "braccio destro" del capoclan - nonostante la sofferta detenzione, sottolineando come i suoi contatti con il medesimo, e con l'intero gruppo, fossero nel frattempo continuati anche in ragione della periodica erogazione di somme di denaro da parte del sodalizio).