(massima n. 1)
I provvedimenti modificativi, ablativi o restitutivi della potestà dei genitori, resi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330, 332, 333 e 336 c.c., configurano espressione di giurisdizione volontaria non contenziosa, perché non risolvono conflitti fra diritti posti su un piano paritario, ma sono preordinati alla esigenza prioritaria della tutela degli interessi dei figli e sono, altresì, soggetti alle regole generali del rito camerale, sia pure con le integrazioni e specificazioni previste dalle citate norme, sicché detti provvedimenti, sebbene adottati dalla corte d'appello in esito a reclamo, non sono idonei ad acquistare autorità di giudicato, nemmeno "rebus sic stantibus", in quanto sono modificabili e revocabili non solo "ex nunc", per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche "ex tunc", per un riesame (di merito o di legittimità) delle originarie risultanze, con la conseguenza che esulano dalla previsione dell'art. 111 Cost. e non sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il decreto con cui la corte d'appello aveva revocato l'autorizzazione alla frequentazione della nipote da parte dei nonni, i quali, essendosi dissociati dalla scelta di collaborazione con la giustizia effettuata dal figlio e padre della minore, già esponente della locale malavita organizzata, e non potendo dirsi estranei ai contesti criminali operanti sul territorio, non rappresentavano valide figure di riferimento affettivo ed educativo ed erano, altresì, portatori di messaggi ambivalenti e non conformi alle scelte di legalità perseguite dalla madre della minore).