(massima n. 1)
Nel caso di fallimento del promissario compratore, la dichiarazione del curatore - ai sensi del secondo comma dell'art. 72 della legge fallimentare - di scioglimento dal vincolo contrattuale agisce su di esso caducandolo fin dall'origine, con la conseguenza che il credito restitutorio per le attribuzioni patrimoniali, eventualmente effettuate dal promissario compratore fallito, in forza di quel contratto, non può reputarsi inerente ad un'obbligazione nascente dalla stessa dichiarazione del curatore e nemmeno dalla dichiarazione di fallimento, ma è relativo ad un'obbligazione che trova il suo fatto genetico nel venir meno della giustificazione contrattuale dell'attribuzione patrimoniale fin dal momento della sua esecuzione. Ne consegue che, collocandosi tale momento anteriormente alla dichiarazione di fallimento, il suddetto credito, in quanto deve considerarsi sorto prima del fallimento stesso, va ritenuto compensabile con il controcredito del promissario venditore sorto anch'esso anteriormente a detta dichiarazione. (Nella specie, le Sezioni Unite, enunciando tale principio, hanno corretto - ai sensi dell'art. 384 secondo comma c.p.c. - la motivazione dell'impugnata sentenza, con cui il giudice d'appello, aveva, invece, affermato quella compensabilità, pur nel presupposto che il credito restitutorio - concernente somme versate a titolo di acconto sul prezzo della vendita definitiva - non potesse considerarsi sorto prima del fallimento).