(massima n. 1)
Non è sindacabile in sede di legittimità l'utilizzo, da parte del giudice di merito, a sostegno del suo convincimento, di massime di esperienza, a condizione che esse siano realmente tali, in quanto fondate sul richiamo all'«id quod plerumque accidit», e non si traducano invece in semplici congetture, insuscettibili, come tali, di verifica empirica e, quindi, di dimostrazione, fermo restando che all'indicazione della massima di esperienza deve comunque accompagnarsi l'esternazione del canone logico adoperato dal giudice, così da consentire alla parte il controllo proprio sulla logicità e coerenza della motivazione, di cui può riconoscersi la sussistenza quando gli elementi in essa valorizzati, ancorché possano risultare, isolatamente considerati, polidesignanti, assumano, nel loro insieme, carattere di univocità, siccome confluenti in una ricostruzione unitaria del fatto da dimostrare che precluda qualsiasi ricostruzione alternativa che possa avere carattere di verosimiglianza.