(massima n. 1)
A seguito della privatizzazione del pubblico impiego, i fogli di presenza per attestare l'orario d'inizio e di fine dell'attività lavorativa e il registro dei permessi non possono essere considerati atti pubblici, in quanto documentano una tipologia di dati che rilevano in via diretta ed immediata unicamente ai fini della retribuzione ovvero del regolare svolgimento della prestazione di lavoro e solo indirettamente perseguono finalità pubblicistiche di controllo sul regolare svolgimento del servizio nel suo complesso; ne consegue che, nel caso di false annotazioni su tali documenti, deve escludersi la sussistenza del reato di falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p. (nell'affermare tale principio, la Corte ha precisato che la privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti — nella specie si trattava di due impiegati dell'ufficio delle imposte dirette — impone di distinguere gli atti che sono espressione della pubblica funzione o del pubblico servizio, direttamente strumentali al conseguimento degli obiettivi dell'ente pubblico, da quelli strettamente attinenti alla prestazione lavorativa, rilevanti esclusivamente sul piano contrattuale).