(massima n. 1)
Se la misura cautelare disposta dal giudice civile in sede di reintegrazione a norma degli artt. 689 e 703 c.p.c., venga sostituita dalla sentenza del pretore che, all'esito del giudizio possessorio e, quindi, a seguito di un'indagine con cognizione piena, abbia accertato la fondatezza della pretesa fatta valere dalla persona offesa dal reato, viene a mancare il presupposto per la qualificazione della condotta tipica d'inesecuzione dolosa di un provvedimento del giudice descritta dall'art. 388, comma 2, c.p. e cioè il provvedimento cautelare per la cui salvaguardia il legislatore ha predisposto l'indicata previsione criminosa, un sistema protettivo che non ha più ragion d'essere una volta intervenuta la decisione pronunciata in base ad una plena cognitio. Tanto più che il carattere strumentale della cautela comporta l'assoggettamento ad una disciplina che si diversifica decisamente da quella riferibile al giudizio di merito: non è, tra l'altro, ad essa applicabile il regime delle impugnazioni, potendo l'ordinanza cautelare essere revocata o modificata ad opera dello stesso giudice che l'ha emessa. Il fatto poi che la sentenza con la quale è stata pronunciata la reintegrazione non sia ancora passata in giudicato, non assume alcuna rilevanza, nuovo essendo, comunque, il titolo oggetto dell'elusione, con il conseguente trasferimento delle esigenze di tutela dalla misura cautelare alla decisione di merito. Il tutto anche considerando che, ex artt. 703 e 689 c.p.c., assume rilievo nell'area della tutela penale derivante dall'art. 388, comma 2, c.p., anche il fine di assicurare il possesso a favore di chi ha subito lo spoglio per tutta la durata del procedimento civile; il che non può non intendersi, per la diversità del titolo di cui si afferma l'elusione, se non nel senso che la sentenza di merito, pure non ancora definitiva, sovrapponendosi al provvedimento strumentale ormai irreversibilmente caducato nelle sue connotazioni strutturali e funzionali, diviene l'unica statuizione nei confronti della quale è astrattamente ipotizzabile un'esigenza di cautela.