(massima n. 1)
In tema di elusione dei provvedimenti del giudice riguardanti l'affidamento di minori (art. 388, secondo comma, c.p.), premesso che detta elusione non postula necessariamente un contegno contrassegnato dall'uso di scaltrezza o da una subdola manifestazione dell'intento, ma può consistere anche nell'ingiustificato rifiuto di dare attuazione al provvedimento de quo, deve ritenersi che tale rifiuto trovi tuttavia giustificazione qualora sia stato determinato dalla volontà di esercitare il diritto-dovere di tutela dell'interesse del minore in una concreta situazione atta a pregiudicarlo, quando non sia stato possibile, per il carattere sopravvenuto e transitorio della medesima, sottoporla al giudice per l'eventuale adozione delle opportune iniziative di modifica del suddetto provvedimento. (Nella specie, in attuazione di tale principio, la Corte ha ritenuto giustificato il rifiuto opposto dalla madre di un minore, cui quest'ultimo era stato affidato in sede di separazione legale, all'esercizio, da parte del padre, del diritto di visita riconosciuto dal giudice, in un momento nel quale, trovandosi il minore in casa dei nonni materni ed avendo la nonna inibito l'ingresso nell'abitazione al genero, a sua volta apparentemente intenzionato ad entrare anche con l'ausilio della forza pubblica, appariva ragionevole temere che, ove la visita avesse avuto luogo in un tale contesto, essa si sarebbe tradotta in una causa di grave turbamento psichico del minore, al momento anche ammalato).