(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 357 c.p., come novellato dalle leggi n. 86 del 1990 e n. 181 del 1992, la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell'ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare la volontà della pubblica amministrazione oppure esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati. (Con riferimento al caso di specie, relativo a fatti risalenti ad epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 86 del 1990, la Cassazione ha altresì precisato che la sostituzione dell'art. 357 c.p. ad opera dell'art. 17 della suddetta legge non ha posto una questione di successione di leggi né di ius novum più favorevole all'imputato, in quanto tale ultima norma non ha introdotto sostanziali cambiamenti in relazione alla qualifica soggettiva di «pubblico ufficiale», ma ha soltanto precisato i requisiti contenuti in nuce nella precedente definizione datane dal codice penale, e conseguentemente ha ritenuto che anche prima della sostituzione, nel testo dell'ultima parte del secondo comma dell'art. 357 c.p., delle congiunzioni copulative «e» con quelle disgiuntive «o» ad opera della legge n. 181 del 1992, doveva considerarsi sufficiente, ai fini della qualificazione di pubblico ufficiale, l'esercizio disgiunto del potere autoritativo o di quello certificativo).