(massima n. 1)
In materia di esercizio di attività professionale, il professionista è responsabile anche per colpa lieve (art. 1176, secondo comma, c.c.), salvo che la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto in quest'ultimo caso egli è tenuto al risarcimento dei danni unicamente per dolo o per colpa grave (art. 2236, c.c.); inoltre, qualora il professionista abbia eseguito la propria prestazione, grava sul committente l'onere di provare l'erroneità o l'inadeguatezza della prestazione professionale ricevuta, il danno ed il nesso di causalità tra la prima ed il secondo, incombendo al professionista l'onere di dimostrare l'adeguatezza, ovvero che l'imperfetta esecuzione della prestazione è dovuta a caso fortuito o forza maggiore. (Nella specie, un imprenditore agricolo aveva chiesto il risarcimento dei danni derivanti da negligente svolgimento dell'attività professionale nei confronti di un veterinario che, nel quadro di un contratto di «monta», aveva accertato che una cavalla era gravida, escludendo tale stato dopo poche settimane; la S.C., in applicazione del succitato principio di diritto, ha ritenuto che, avendo il committente dimostrato la discordanza delle due diagnosi, incombeva sul professionista l'onere di dimostrare l'esattezza della prima e la sopravvenuta cessazione della gestazione).